domenica 19 ottobre 2014

Proviamo a parlare di immigrazione..


Siamo arrivati ad un punto in cui qualche domanda ce la possiamo fare e qualche risposta ce la possiamo dare. Abbiamo capito che gli immigrati innanzi tutto sono vittime della malavita organizzata reclutatori capillari sul territorio, scafisti, caporalato, e non ultimi di imprenditori che assumono furbescamente bisognosi  a basso costo, abbassando così il costo del lavoro anche per i lavoratori italiani che evidentemente non possono sostenere una vita dignitosa se comparata all' organizzazione Statale e sociale attuale nel contesto del sistema nel quale si è sviluppata la loro vita.


 
E' del tutto ipocrita anche per uno di sinistra, non vedere prima di tutto le condizioni di vita di questa gente che prende la barca spendendo tutto quello che ha in cerca una vita migliore, e ancora peggio sapere crudelmente che la maggior parte non la troverà mai in questa Europa presa dai guadagni dai tagli a denaro e investimenti. E' del tutto ipocrita non pensare ad uno Stato con delle certezze e al suo futuro, al futuro dei suoi giovani. Ipocrita pensare al futuro sereno di queste persone che, una volta arrivate, verrebbero indirizzate ad un lavoro per non vederle finire sulle strade vicino ai semafori a chiedere elemosina, o peggio trovarle a commettere reati, non perché siano delinquenti, ma perché di qualcosa devono pur campare.

 Si parla anche di rifugiati politici, ma sui circa 5.200.000 immigrati che vivono nel nostro Paese, la domanda l' hanno fatta in circa 40.000 persone, ed è stata accettata per soli 4.000 circa.
 
Ma c' è forse qualcosa di peggio che aleggia dietro a questa immigrazione di massa, la destabilizzazione dei paesi Europei, la popolazione africana cresce di circa il 25% ogni anno, e la crisi demografica spinge sempre più i flussi migratori verso Paesi che si ritengono ospitali, fino a portarli al collasso.
 
 
Prendo questa riflessione da Repubblica che notoriamente è un giornale molto equilibrato e attento ai flussi dei migranti : 
 
 " Le prospettive. Storicamente, l'Italia non ha una tradizione multietnica. Non è un paese con un passato coloniale come Francia o Gran Bretagna. In dieci anni ha dovuto affrontare un fenomeno nuovo e dirompente dal punto di vista sociale, economico e (non da ultimo) istituzionale. Forse anche per questo il ministero ha parlato di un "modello italiano", come di un sistema che, nonostante tutto, sta reggendo. Ma se la disoccupazione tra gli stranieri aumenta, sale anche l'allarme sull'integrazione sociale. Lo dicono le parti sociali: il presidente Anolf-Cisl di  Roma, Nando Bussi, punta il dito sulla crisi, che "tuttora condiziona il mercato del lavoro. Gli immigrati hanno difficoltà a trovare un'occupazione dato che gli italiani sono tornati a riscoprire molti mestieri umili generalmente svolti da immigrati. "

La questione non è il razzismo, parolona sotto la quale si salva e si scusa questo inopportuno modo di ricevere persone bisognose, è solo una questione demografica, di quantità, di densità e di stabilità. Uno Stato di diritto deve dare garanzie di poter integrare  cittadini che vista la precarietà della loro situazione al loro arrivo, ha un rischio elevato di delinquere e di smontare lo strato dello Stato sociale alla base. Se queste garanzie vengono meno, c' è la fondamentale necessità di regolamentare i flussi.

La crisi, ha rallentato ma non ha fermato l’aumento dei flussi migratori e quindi degli immigrati: dal 2007 a fine 2012 si è passati da quasi 4 milioni ai 5,2 milioni attuali, anche per via dei nati in Italia e dei ricongiungimenti familiari. L’aumento nel 2012 : +8,2% tra i residenti e +3,5% tra gli stranieri non comunitari

La disoccupazione tra gli stranieri in Italia è non solo aumentata ma è diventata di lungo periodo.
Nel 62,8 % delle famiglie straniere è occupato un solo componente.
Nel 13,0%  delle famiglie straniere non è presente alcun occupato.
 
 Non è civile un popolo che non ha solidarietà. La solidarietà non va però indicata come sussidio, ma come un termine per arrivare al punto di partenza denominato occupazione-lavoro  una corretta integrazione.
 
 
 
 
 
 
 



 
 
 

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